sabato 20 agosto 2011

Compagni, ai pestelli
di Maurizio Bisozzi



Da alcuni giorni la farmacia italiana è pericolosamente in bilico sull'orlo del tritacarne sociale. Quello che ha già inghiottito la scuola pubblica e il welfare in generale, restituendolo sotto forma di ammasso irriconoscibile, dilaniato da tagli a risorse umane e finanziarie. Ora tocca all'assistenza farmaceutica: le prossime ore e la finanziaria di agostana emergenza, ne decideranno la sorte.
Intendo unirmi alle preghiere degli uomini di buona volontà per la sua salvezza, aggiungendo un paio di implorazioni personali. La prima è che le nuvole non cedano il loro eventuale contenuto umano, già ne vengono giù tanti da sembrare anatre impallinate al passo. Dall'on Claudio Scajola, ancora alla ricerca dei misteriosi manigoldi che gli stavano pagando – a sua insaputa, si intende – il mutuo della casa al Colosseo, al ministro Tremonti, stupefatto e paralizzato dagli eventi come una lepre davanti ai fari di un'auto. “ Nessuno poteva immaginare” una crisi del genere e “i cinque giorni che hanno cambiato il mondo” sono patrimonio personale del colendissimo Ministro tra le nuvole. 
Quaggiù, tra i miseri mortali, di un debito pubblico pari a un paio di decine e passa percentuali più del Pil, se ne discute da anni nei bar e dai parrucchieri; come si parla di disoccupazione, licenziamenti, precariato, pensioni da fame e tagli alla spesa sociale. Tutti argomenti evidentemente sconosciuti in Parlamento, visto che lì - forti delle rassicurazioni del Governo - si brindava, fino a qualche giorno fa, al meraviglioso stato di salute economica italiana. 
C'è da riconoscere che nelle stanze del Potere il licenziamento e il precariato non entrano: se non si viene rieletti in Parlamento, una poltrona nel CdA di qualche azienda decotta non si nega a nessuno; il precariato quasi non esiste, bastatenersi incollati alla poltrona, anche pochi giorni, e il vitalizio è assicurato. Alle (loro) pensioni (d'oro), avrò il buon gusto di non fare cenno. 
Venendo a noi, che nessuno dei nostri rappresentanti di categoria parli di attacco improvviso e inaspettato alla farmacia: sono dieci anni che ci girano intorno avvoltoi di tutte le specie e sono dieci anni che l'unica reazione è stata la tecnica consigliata dai manuali dello Yellowstone Park. In caso di attacco da parte di orsi, restare assolutamente
immobili, a terra, e fingersi morti. Tecnica che contro gli orsi avrà qualche speranza di successo, qui da noi il fingersi morti ha solo e sempre facilitato lo svuotamento delle tasche del corpo inerte.
Seconda prece: che venga colto da tetanìa mandibolare fino all'impossibilità di pronunciare la più elementare delle congiunzioni, colui che incautamente stia per profferire frasi tipo: “poteva andare peggio”, “ è stata una vittoria” e “grazie al nostro impegno ecc...”. Qui a forza di vittorie stiamo per aggiudicarci l'ambito trofeo “Re Pirro”, riconoscimento riservato aoloro che rischiano di soccombere per eccesso di vittorie.
Basta con le prese per il naso o altri e meno nominabili distretti corporei: da oggi un solo piccolo centesimo perduto di fatturato si chiamerà con il suo nome, sconfitta. E come la storia insegna, ma la politica dimentica, i perdenti dovranno essere chiamati a pagare il prezzo della loro sconfitta.
Una volta il popolo infuriato assaltava i palazzi del potere con i forconi, ho idea che i pestelli di bronzo dei nostri mortai possano supplire egregiamente alla carenza di forconi.

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mercoledì 17 agosto 2011

La caduta delle maschere


di Maurizio Bisozzi


Se l’autunno è la stagione della caduta delle foglie, l’estate deve essere quella in cui cadono le maschere. Dopo quella dell’Anpi  (intesa come associazione nazionale delle parafarmacie, e non la nobile e storica organizzazione dei partigiani), recentemente rivelatasi al grande pubblico per quella che è sempre stata, una organizzazione funzionale alle brame della Gdo sul mercato farmaceutico, ora è toccato al Pier Luigi nazionale.
Gli ultimi sviluppi delle indagini sulla connection tra affari e politica hanno messo sulla graticola il liberalizzatore Bersani, sollevando più di un dubbio sulla assoluta estraneità del mondo degli affari alle iniziative politiche del leader del PD.
Tralasciando ovviamente ogni considerazione sulle effettive responsabilità del suo braccio destro Filippo Penati allo studio dei magistrati inquirenti, resta l’immagine politica del capo del secondo partito italiano (oggi virtualmente primo, a prendere per buoni gli ultimi sondaggi sulle intenzioni di voto degli elettori del Bel Paese). Un suggestivo ponte unisce oggi le due opposte sponde, destra e sinistra, un gemellaggio suggellato dalla comune sindrome dell’accerchiamento e della chiamata a raccolta delle proprie schiere.
Uno mobilita schiere di avvocati e di deputati per fare argine alle esigenze di una giustizia che si ostina cocciutamente a considerarlo un cittadino con gli stessi diritti e doveri di tutti, l’altro arriva al ridicolo di minacciare una incomprensibile class action contro i giornali.
La colpa è quindi della guardia e non del ladro, o di chi osa scrivere onestamente quello che il lettore ha il diritto di sapere. "Macchina del fango", è l’accusa altezzosa rivolta ai giornali. Che poi la stampa si limiti a far volare in aria il fango depositato sulla società civile da decenni di intrallazzi e corruzioni, di depredamento dei beni pubblici, di gestione clientelare, di affossamento della istruzione e della sanità, è un particolare da trascurare.
Danni bipartisan, quelli provocati dalla gestione della cosa pubblica per vantaggi privati, pratica che nella sinistra si è lentamente infiltrata fino alla radicazione e contro la quale tuonava giusto trenta anni fa l’onesto Berlinguer.
Come si può a questo punto allontanare il sospetto che operazioni come quelle condotte su Unipol, Monte dei Paschi, Telecom, l’affaire Ricucci, la vendita a caro prezzo alla Provincia di Milano delle azioni Autostrade, lo smantellamento tentato nel 2006 del sistema farmaceutico pubblico per favorire Coop e grande distribuzione, altro non siano che briciole di Pollicino a indicare la strada per la conquista politica ed economica del bene pubblico. Un grottesco scimmiottare da sinistra le conquiste ottenute dall’altra parte su Mondadori, Rai, Alitalia, con mezzi spesso oggetto di indagini della magistratura e con un certo e reiterato danno al contribuente.
Resta il dubbio che solo questo in Italia si intenda per liberalizzare: fare a pezzi l’ossatura portante delle strutture pubbliche e succhiarne il midollo, gettando poi via la carcassa, privare il cittadino di un efficiente e capillare servizio farmaceutico per favorire rapaci mani amiche. Ripeto, sarà la magistratura ad appurare le effettive responsabilità e non ce ne voglia l’on. Bersani, ma nell’Italia del legittimo impedimento, lasciateci almeno il legittimo sospetto.

lunedì 15 agosto 2011

Farmaci d’oro

di Maurizio Bisozzi

Sembra che dopo anni di carenze e ritardi di iniziativa nel mettere in moto l’economia, l’Italia politica abbia deciso di dare una sterzata propulsiva al sistema attraverso le liberalizzazioni. Ci vorrebbe una mano forte a guidare la sterzata, evitando che il bolide finisca tra gli spettatori in tribuna, ma non pare di disporre di pilota tanto abile. Il rischio quindi di intervenire ciecamente con la falce nella giungla delle caste per tagliare i privilegi è quello di ritrovare falcidiato anche quel poco che resta del welfare italiano.
Prendiamo un aspetto dello Stato sociale, l’assistenza sanitaria: il prezzo dei farmaci di fascia C, quelli a totale carico del cittadino, e dispensabili con ricetta medica. Più di un illustre economista sostiene la teoria – chiaramente gradita ai produttori – secondo cui abolire il prezzo fisso e sorvegliato dallo Stato di questi prodotti, stimolerebbe la concorrenza a esclusivo vantaggio del cittadino. Anni fa, con la stessa panzana, furono liberalizzati i prezzi di carburanti e assicurazioni auto. Risultato: i prezzi e le tariffe, senza più controllo, schizzarono ai livelli da sogno per i produttori, da incubo per i consumatori.
Della presunta virtuosa concorrenza nel sistema bancario, dettata dall’arrivo delle banche europee, stiamo ancora cercando traccia. Anzi. I sostenitori del libero mercato dei farmaci tirano fuori lo specchietto per allodole dei parziali risparmi ottenuti con la vendita nei supermercati dei farmaci da banco, quelli senza ricetta e per piccole patologie. Ci vorrebbe qualcuno con pazienza e buona volontà per spiegare agli interessati (in tutti i sensi!) che uno spray per il raffreddore non salva la vita come un farmaco “vero”, e che si può fare a meno del primo – o cercarlo più economico - mentre si è disposti a sborsare qualunque cifra per il secondo. Ma questo sono certo lo sappiano benissimo, è proprio l’obiettivo voluto. 
Come è successo per Previdenza e Istruzione, stiamo abbattendo anche nella Sanità ogni garanzia a tutela dei meno abbienti, l’aumento di prezzo del farmaco toglierà a molti la possibilità di curarsi, già oggi insidiata da ticket ingiustamente punitivi verso il malato. E’ possibile, dal punto di vista dell’ortodossia finanziaria, che la liberalizzazioni sia la strada per uscire dalla crisi e rilanciare l’economia, ma è giusto far pagare – al solito – il prezzo di questo rilancio alle fasce sociali più deboli, tra le quali ovviamente si collocano i malati?

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